Data | Roma, 1984 |
Edizione | Roma, Ed. Edi-Pan 1986 EP 7535 |
Durata | 45’35 | Testo | Padre Crispino Di Flumeri (tratto dall’Epistolario di Padre Pio da Pietrelcina) |
Movimenti | 1. L’attesa – 2. La prova – 3. Le stimmate – 4. Le opere – 5. La morte |
Organico | 3.2.2.2. – 4.3.3.1. – timp. – perc. (g. cassa, tamb., tam – tam, celesta) – archi |
Prima esecuzione | Roma, 24/11/87 – Festival di Musica Sacra – Palazzo della Cancelleria – Orchestra Filarmonica e Coro “Collegium Musicum” di Olsztyn – Silvano Frontalini, direttore Lechoslaw Ragan, direttore del coro – Nando Gazzolo, voce recitante |
Discografia | LP Edi-Pan PRC S20 39 (1987) (Italia) CD Edizioni Musicali PAOLINE ADD (1990) (Italia) CD Edi-Pan – PAN 3067 (1998) (Italia) MK Edizioni Musicali PAOLINE – MEP 386 (1998) (Italia) Orchestra Filarmonica e Coro “Collegium Musicum” di Olsztyn – Silvano Frontalini, direttore Lechoslaw Ragan, direttore del coro – Nando Gazzolo, voce recitante |
Questa composizione, tra le più importanti scritte dall’autrice, nasce con il fine di ripercorrere i momenti salienti della vita straordinaria di PADRE PIO da PIETRELCINA e si avvale di un testo di Padre Crispino Di Flumeri tratto dagli scritti del Santo. Con semplicità francescana e senza ricercatezze, il cammino di Padre Pio è rivissuto in cinque fasi essenziali: L’ATTESA, LA PROVA, LE STIMMATE, LE OPERE, LA MORTE. Nella voce recitante sono fuse le funzioni del protagonista (San Pio) e quelle del cronista, assai vicino allo spirito dell’Historicus dell’Oratorio. Il coro impersona via via gli Angeli, i Diavoli, i Penitenti, i Sofferenti.
Padre Pio si chiede, all’inizio, con grande dedizione non disgiunta da uno stato ansioso, che cosa Dio voglia da lui e gli Angeli predicono una vita di sofferenze ma anche di coraggio e di forza per sopportarle. In questa prima parte la musica dell’autrice pone le basi strutturali di tutto il lavoro, che è di una estrema coerenza stilistica. L’atmosfera, fra evanescenze astratte ed immediata semplicità comunicativa, proviene in egual misura da tre componenti fondamentali: l’elemento tematico, una linea cromatica giocata in uno stretto ambito intervallare e ripresa variamente nel corso di tutta la composizione; lo spessore della strumentazione, che in rari casi (all’inizio ad esempio) interessa tutto l’organico, ma che per lo più diviene rarefatto nello spirito di trasfigurazione non rinunciando però a soluzioni che scavano dentro la coscienza del protagonista; infine la parola, senza mediazioni sonore per il recitante, isolato o sovrapposto all’orchestra stessa, mentre il ruolo determinante del coro ha il duplice scopo di creare un alone irreale in alcune zone e in altre è legato al testo, in chiara omoritmia o in dosati disegni imitativi, divenendo personaggio diverso nel corso della storia. Nell’ATTESA c’è già tutto questo: il clima sofferto della pagina orchestrale introduttiva, il primo drammatico interrogativo di Padre Pio ”Che vuoi da me, Signore?” alternato in tono responsoriale agli squarci celestiali degli Angeli e dell’orchestra. Un secondo momento nasce dalle parole “Io ti farò soffrire”, fino all’accettazione di Padre Pio “Vengo obbediente alla tua voce forte” in un crescendo che si dissolve nella dichiarazione di fede. In tale contesto trova spazio, prima dell’ampio finale, l’esperta mano contrappuntistica della compositrice, in alcuni recuperi di gusto mottettistico, il più palese dei quali rimane “Stringi la tua mano al dolcissimo Signore”.
La seconda parte della Cantata, LA PROVA, inizia con il recitante su un sottofondo dolcissimo di pochi strumenti (legni, corni, vibrafono, celesta, archi). Nell’atmosfera paradisiaca, percorsa sempre dalle voci degli Angeli, l’unico elemento discordante è rappresentato ad un certo punto, dopo una breve ripresa delle battute iniziali dell’orchestra, dal coro dei Diavoli “Invidio l’innocente che gioca con l’Eterno”, che costituisce la rabbiosa protesta destinata, come in ogni Sacra Rappresentazione che si rispetti (e la Cantata IN MEMORIAM si pone in quella dimensione), al fallimento.
La terza parte, LE STIMMATE, è introdotta da una breve linea dei contrabbassi soli ed è sorretta, nel suo ruolo centrale, soprattutto dalla parola, che è una confessione di fede ma anche di angoscia, con una partecipazione strumentale dosata e raccolta, timbricamente molto ricercata. La situazione, non priva di tratti di forte tensione, si scioglie nelle parole latine del protagonista: “Domine ne in furore tuo arguas me, neque in ira tua corripias me!”.
La quarta parte, LE OPERE, vive inizialmente in un clima sereno sul movimento della celesta e trova il suo culmine nei due cori dei Penitenti e dei Sofferenti. In certi momenti l’autrice opera recuperi arcaici molto suggestivi, come nel contrappunto a due voci all’invocazione “Libera noi dal male, o Signore”, denunciando vaghe derivazioni russe, sulla linea mussorgkijana e stravinskijana.
L’ultima parte, LA MORTE, riproduce il momento conclusivo della vita di Padre Pio; fra riprese diverse di spunti precedenti si arriva all’ultimo sospiro “Gesù, Maria” sul ritmo funebre sottolineato dal timpano. È un momento brevissimo che lascia il posto al finale alleluiatico, un “Gloria” che coinvolge coro e orchestra risolvendo in positivo la vicenda terrena di Padre Pio. L’impressione che rimane alla fine è quella di una commozione senza sentimentalismi, di un fortissimo legame ideale al testo e di una capacità eccezionale di rapporto con l’ascoltatore. Il linguaggio è ancora una volta personale, cosciente delle conquiste del ’900 ma libero da scuole e legami vincolanti, moderno e sollecitante ma rispettoso di un’alta tradizione compositiva.